È nel Mediterraneo il futuro prossimo venturo
di Ernesto Scelza

Non avremmo dovuto aspettare che la morte di quattro italiani ci ricordasse che ciò che avviene nel vicino e medio Oriente è cosa di casa nostra. Non aspettare che un gruppo di lavoratori in gita venisse a trovarsi al centro di un’azione terrorista cieca, spietata. Insensata anche. Le stesse incertezze sulla rivendicazione dell’autoproclamato Stato Islamico ci dice di un conflitto che non ha ancora nemmeno definito i suoi caratteri, i confini della sua azione, la portata dei suoi obiettivi. Il vicino e medio Oriente è un crogiolo incandescente. Il Mediterraneo è un bacino che ribolle di tensioni pronte ad esplodere più di quanto non sia già avvenuto. E non pare che coloro che hanno la responsabilità di governare questo spazio abbiano intera la consapevolezza di quanto è in gioco. È vero, l’Occidente ha responsabilità, storiche e recenti, per quanto avviene. Solo per rimanere agli ultimi anni: scontiamo la follia delle ‘guerre di Bush’ che l’allora governo italiano irresponsabilmente appoggiò, la miopia con la quale anche l’Europa ha pensato di incamerare gli effetti delle Primavere arabe, la condiscendenza verso la deriva annessionista e razzista dei governi d’Israele, l’illusione di potersi scegliere l’amico più conveniente in uno scenario complesso e in continua trasformazione. Per non dire dell’idiozia di quanti hanno cianciato di “scontro di civiltà”, riconoscendo alle componenti più integraliste dell’estremismo islamico una dignità ideologica e politica, culturale e religiosa che non hanno. Consegnando loro la rappresentanza di popoli e storie che semplicemente abusano. Vorrei dire al governo italiano: che riprenda un ruolo strategico nel Mediterraneo. Non per paura di una improbabile invasione di immigrati, né per timore di una ‘escalation’ terroristica. Ma perché il benessere e i diritti umani o li si estende e li si difende in tutto il Mediterraneo o li si perde per tutti.