La guerra di Gaza: una analisi dall’interno della società israeliana
di Ernesto Scelza

Per quanti hanno giudicato i nostri commenti sul riaccendersi del conflitto in Palestina come ‘prevenuti’, e il nostro pacifismo ‘a senso unico’, riportiamo un articolo del quotidiano israeliano Ha’aretz: “In passato il desiderio di pace teneva unita la società israeliana che cercava di porre fine al conflitto con i Palestinesi e il mondo arabo. Ma in questi ultimi anni sembra che Israele abbia rinunciato alla pace. In Cisgiordania gli insediamenti hanno cominciato a estendersi e il regime discriminatorio basato sul principio ‘una legge per gli ebrei e un’altra per gli arabi’ si è radicato. Israele ha compiuto grandi sforzi per spingere i Palestinesi nelle ‘enclave’, per fare posto a nuovi coloni e poter annettere altre terre. Solo un accordo di pace con i Palestinesi e i Paesi arabi può garantire Israele di poter esistere nella regione con confini riconosciuti, come uno Stato democratico . Non c’è altra via, se non quella del dialogo, del negoziato e del compromesso con i Paesi vicini. Il congelamento delle trattative di pace ha determinato una nuova ondata di violenze e alimentato i timori di una Terza Intifada. Gli incitamenti dei politici di destra, che propongono sempre di più l’uso della forza, minacciano di affogare Israeliani e Palestinesi in fiumi di sangue. L’unica risposta alle dichiarazioni cariche di odio è non arrendersi, ma innalzare la bandiera della pace, e dimostrare che non solo è necessaria, ma possibile”. Ecco, ora aggiungiamo a queste parole che esprimono i timori dell’opinione pubblica democratica in Israele, i bombardamenti indiscriminati su Gaza, l’instabilità della regione del MO, la fragilità delle leadership arabe, l’estendersi dell’estremismo islamico, l’evanescenza delle istituzioni internazionali, la debolezza della politica estera degli Usa e l’inesistenza di quella europea… e abbiamo il quadro in cui il fuoco della guerra divampa.