Ma l’Europa non ci chiede di distruggere la scuola
di Ernesto Scelza

Vi racconto quello che avviane oramai da due mesi nei licei e negli Istituti di istruzione superiore. Molti ragazzi sono impegnati a preparare le prove di selezione per accedere alle facoltà a numero chiuso. Altri aspirano a superare i test di accesso per le Università più prestigiose, sia pubbliche che private. Insomma, si esercitano nella soluzione dei test, che spesso non hanno attinenza alle materie dei corsi a cui si aspira. Conclusione: molti studenti dell’ultimo anno sono distratti e non seguono con attenzione le lezioni. Alcuni addirittura hanno sospeso la frequenza. Il dato è preoccupante: dequalifica il lavoro dei docenti e non garantisce una adeguata preparazione all’esame di Stato. Per non dire che coloro che avranno superato i test guarderanno alla ‘maturità’ come ad un passaggio inutile e fastidioso. È l’effetto della decisione di anticipare a marzo-aprile le prove di selezione per l’ammissione all’università. “Per uniformare i percorsi di formazione italiani a quelli europei”, così disse la ex ministra Maria Chiara Carrozza, così ribadisce l’attuale ministra dell’Istruzione − non più ‘pubblica’ − Stefania Giannini. La quale ultima aggiunge che sta pensando di ridurre di un anno la durata dei corsi liceali e di istruzione superiore. Anche qui “per uniformarli ai tempi europei”. Ma non pensano, i nostri ministri dell’Istruzione, che per adeguarsi agli standard europei occorrerebbe investire di più. Ben più del misero 4,7 per cento italiano (poco più della Bulgaria) lontano dal 6 per cento di Svezia Francia e Regno Unito?. E se recuperassimo gli 8 miliardi di tagli della Gelmini? Senza eliminare l’insegnamento della Storia dell’Arte.