Quel 12 dicembre della Strage di Piazza Fontana
di Ernesto Scelza

Perché ricordare, a tanti anni di distanza, la strage di Piazza Fontana a Milano, la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura? I 17 morti e gli 88 feriti? E in uno scenario in cui non c’è più la Guerra fredda con gli Usa impegnati a favorire regimi fascisti in Europa. Non c’è un Pci da mantenere fuori dall’orbita del governo. Non c’è più un ’68 dei giovani, un ‘Autunno caldo’ degli operai. Verrebbe da rispondere: perché la coscienza storica di un popolo è la base su cui costruire il suo futuro. Ma c’è dell’altro. Che ci riguarda ancora da vicino. Quella bomba fu l’inizio di una stagione terroristica che vide protagoniste le organizzazioni neofasciste, sostenute da quanti temevano quei cambiamenti radicali che i movimenti chiedevano. E coperte da apparati dello Stato che inquinarono le prove. E deviarono le indagini che si indirizzarono subito a sinistra. Fu fermato l’anarchico Giuseppe Pinelli, innocente, che “fu precipitato” dalla sede della questura milanese. Fu arrestato l’anarchico Pietro Valpreda. Ma i veri colpevoli, neofascisti, continuarono a tramare contro lo Stato repubblicano, a seminare bombe su treni e piazze. A seminare morte. Per anni. Intrecciando legami con le organizzazioni criminali. Sempre all’ombra di ‘settori deviati’ dello Stato. Cinque processi e nessun colpevole. Un neofascista, capo della cellula veneta di Ordine nuovo, dichiaratosi colpevole e riparato in Giappone.Mai estradato. Quel 12 dicembre, si dice, segnò l’inizio della stagione della violenza in Italia. I suoi anni bui. È troppo chiedere che lo studio di quel periodo sia imposto, per legge, nelle nostre scuole?